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Investire nelle mosche? L’importante è non ritrovarsi con un pugno di mosche. La finanza comportamentale e gli errori degli investitori.

Alcuni comportamenti strettamente legati alla finanza comportamentale possono facilmente generare conseguenze disastrose sui portafogli.

Esiste il momento “giusto per investire”?

 

Mantenere troppa liquidità sul conto corrente è un bene?

 

Non intervenire sul portafoglio in essere aspettando “che si riprenda” è una scelta corretta?

 

Disinvestire o investire con rapidità tutto il portafoglio?

 

Sono modalità corrette oppure sono solo figlie della devastante finanza comportamentale?

 

Valutiamo, partendo da alcuni casi reali, alcuni approcci che si possono facilmente riscontrare tra i risparmiatori con scarsa cultura finanziaria e pessimi supporti professionali.

 

Il momento giusto per investire.

Un possibile cliente, frastornato dai cambiamenti in atto nell’economia, nella società mondiale, a livello politico e spaventato da esperienze sbagliate decide di non investire e di attendere tempi migliori (a suo avviso). Quando i tempi migliori arriveranno e con quali parametri oggettivi saranno valutati, sono concetti inesistenti e persi nella nebbia.

Da molto tempo i fondi che mi hanno venduto sono in perdita, ma ora non mi muovo e aspetto che risalgano prima di cambiare.

Guardi, comprendo ciò che mi ha spiegato e dimostrato. Purtroppo, mi hanno venduto pessimi prodotti sia verso i mercati che verso i concorrenti, ma non mi sento di vederli in perdita e quindi li tengo e aspetto che risalgano.” Già. Quando?

Troppa liquidità ferma sul conto corrente per “non perdere” soldi.

Un risparmiatore ha deciso che non si fida più dei “mercati” che sono solo in balia dei “poteri forti” che vogliono solo arricchirsi sulle spalle “dei piccoli” e ha deciso di mantenere un’importante liquidità ferma sul conto corrente “in attesa”. Alla domanda “In attesa di cosa?”, la risposta è stata: “Vedremo”.

È un ottimo momento, investo tutto perché ci sono ottime condizioni. Oppure i mercati crollano liquido tutte le posizioni e mi metto in difesa.

Tempo fa ho acquisito un nuovo assistito che ha portato in dote un importante portafoglio composto al 70% di singole azioni italiane scelte da lui senza alcun criterio tecnico ma seguendo le indicazioni di alcuni dei tanti guru del web. Mi ha spiegato che aveva iniziato a far da sé dopo anni di insoddisfazione di rapporto presso alcune banche, e che all’inizio aveva guadagnato molto bene. Ma poi – come sempre nella vita – il vento era cambiato ed era letteralmente spaventato dalle oscillazioni di quel portafoglio. Ho iniziato il mio lavoro riducendo pesantemente gli attivi, diversificando quanto ancora investito e predisponendo una forte percentuale di liquidità. Poi dopo due mesi è apparso inaspettato il Covid 19 con le conseguenze che tutti abbiamo conosciuto. Il portafoglio in quel momento ha subito ovviamente una flessione seppur di circa un quinto degli indici. Non si trattava di una valutazione soggettiva, ma di una oggettiva in quanto dimostrata dai numeri e il confronto con il portafoglio iniziale era impietoso. A partire dall’estate abbiamo ripreso con una serie di acquisti per prepararsi a una futura ripresa quando sarebbe stata ragionevolmente prevedibile. A ottobre il cliente non ha più retto nonostante i numeri dimostrassero ampiamente che andavamo nella giusta direzione e i tanti incontri e le ore investite per cercare di aiutarlo e portare razionalità nel suo animo. Peraltro, in quei mesi, mi ha telefonato in continuazione proponendomi di investire su tutti i possibili titoli che in qualche modo “trovava e valutava interessanti” sui vari forum in rete. Ha quindi deciso di vendere tutto perdendosi così completamente la risalita molto forte che si è manifestata nei mesi successivi e vanificando tutto il lavoro svolto fino a quel momento. Ovviamente appena possibile ho dato disdetta del contratto perché il mio lavoro è anche quello di eliminare i rischi dei miei clienti e di non cercarne altri che non posso minimamente gestire.

 

Proviamo ora a ragionare su questi aspetti.

 

Non esiste il momento per investire o per non farlo a prescindere.

Esiste l’analisi delle esigenze, del profilo al rischio, degli orizzonti temporali dell’investitori e – ultimo ma certamente non ultimo – deve esistere la programmazione e la massima condivisione delle strategie proposte. Tutte le scelte che ne deriveranno saranno orientate all’adattarsi a questi parametri. Peraltro, non è detto che una fase di flessione dei mercati debba necessariamente divenire una fase negativa per il portafoglio, anzi. Dipende da quanto indicato sopra.

Sarebbe come recarsi a fare una passeggiata scegliendo l’abbigliamento senza minimamente pensare a quali condizioni meteo si dovranno affrontare. Non si smette di uscire solo perché le previsioni indicano neve oppure che si possa andare in alta montagna seppur in piena estate, indossando solo una maglietta di cotone e un paio di pantaloncini corti.

La troppa liquidità ferma sul conto corrente non è certamente sinonimo di sicurezza o di mancate perdite.

Questa scelta può generare tre diversi tipi di danno. La prima è legata alla perdita di potere di acquisto legata all’inflazione che per molti anni è stata contenuta, ma nel prossimo futuro potrebbe anche riprendere a crescere (vedi articolo). La seconda è legata al rischio della controparte bancaria che è coperto solo per 100.000 euro per ogni cliente / banca utilizzata (vedi articolo). La terza deriva dai mancati guadagni legati al fatto di non essere investiti. Se è vero che qualsiasi investimento comporta comunque un rischio, è altrettanto vero che questi possono essere ragionevolmente mitigati fino a ricondurli a una misura coerente con il profilo di rischio del singolo investitore. In questo caso fondamentali saranno le scelte di portafoglio che verranno proposte, i costi sostenuti per l’acquisto e la relativa gestione. La liquidità sul conto corrente, oltre ad essere la prima difesa in situazione di emergenza personale, può diventare una fortissima alleata, ma non certamente l’unica soluzione di gestione del patrimonio. Infine la liquidità parcheggiata sui conti correnti sta diventando un problema per le banche come nel caso di Fineco che si riserva di chiudere i conti con giacenza troppo elevata (a meno che i clienti investano sui loro prodotti…) come potrete leggere in questo articolo. Questo però è un altro discorso.

Gli eccessi nel vendere o acquistare sulla base di valutazioni che partono dalla propria emotività e che nel web cercano spunti per auto-convincersi della loro validità.

Accade a tutti, anche ai più grandi e bravi gestori, di dover convivere con una componente non pienamente razionale che può portare a fare considerazioni a forte connotazione emotiva. Ma queste figure sono pagate e soprattutto preparate per gestirla al meglio.

Molti risparmiatori invece le subiscono pesantemente sia nelle fasi di mercati in rialzo sia che in quelle di discesa. Ciò può materializzarsi in due comportamenti quasi opposti.

A) Salire sul treno all’ultima fermata quando i mercati sono ai massimi e ci sono ottimi segnali che invece farebbero pensare a un possibile storno.

B) Vendere tutto esattamente quando sarebbe meglio non farlo.

Storicamente sono i due maggiori generatori di sottoperformance di un portafoglio rispetto ai mercati (ipotizzando gestori efficienti e oneri ragionevoli).

La qualità del risultato finale dipende in larghissima misura dalla qualità delle scelte iniziali di allocazione degli attivi e, se questi sono efficienti e a basso costo, rimarrà “solo” un lavoro di sostanziale – ma fondamentale – messa a punto nel corso del tempo rispetto ai mercati o alla situazione del singolo investitore.

 

Il mondo e i mercati stanno cambiando.

 

Questo fatto è chiaramente visibile e constatabile da chiunque. Da una parte di perdono opportunità / abitudini che erano consolidate come le laute cedole (nominali!) delle vecchie emissioni obbligazionarie che davano sicurezza e tranquillità.

Ma oggi – e da qui in avanti – si stanno presentando opportunità di investimento che solo fino a pochissimi anni fa sarebbero state davvero inimmaginabili. Ne ho già accennato ben tre anni fa in questo post, ma vi allego anche questo screen shot di un articolo apparso a pagina 21 de Il Sole 24 Ore del 24 marzo 2021 a firma di Micaela Cappellini.

Avreste mai pensato di investire in una fabbrica di mosche?

Immagino di no, ma sono in avanzata fase di studio progetti per creare delle micro-fabbriche a domicilio per allevare e produrre appunto mosche, cavallette, grilli, tarme. L’uso principale e quindi la forte domanda non provengono – ancora – dall’alimentazione umana, ma dalla produzione di mangime per animali. Oltretutto gli studi dimostrano che si possono utilizzare 2.000 tonnellate di scarti organici per produrre 120.000 tonnellate di farina di larve avvicinandosi quindi davvero molto a soddisfare il concetto di economia circolare. Il mercato globale nel 2017 valeva 55 milioni di dollari viene stimato 710 milioni di dollari nel 2024. Cioè domani mattina.

Ovviamente prima di trovare sul mercato un fondo o un ETF che permettano di investire sull’allevamento delle mosche ci vorrà un po’ di tempo.

Ma con questa piccola provocazione ho voluto rendere tangibile che il futuro non solo è già arrivato, ma in realtà è molto più avanti di quanto immaginiamo e questo comporterà nuove possibilità di investimento oggi del tutto inimmaginabili.

 

Quali le conclusioni?

 

La finanza comportamentale è la scienza che studia le conseguenze (soprattutto i danni) che derivano dalle scelte di investimento realizzate da qualsiasi essere umano su basi emotive o per lo meno non razionali. Le esperienze precedenti, la nostra emotività, la nostra preparazione (percepita o reale), il nostro percorso professionale, le nostre convinzioni possono con estrema facilità trarre in inganno. E generare danni davvero devastanti come ho evidenziato nell’esempio riportato precedentemente.

Ma se si fanno scelte oculate rispettando tutti i passaggi, dalla valutazione della personale propensione al rischio, delle esigenze e dei tempi, fino alla programmazione e quindi alla scelta di a un’allocazione coerente e con strumenti efficienti e costi ragionevoli, le soddisfazioni non mancheranno.

Le nuove possibilità e i nuovi veicoli di investimento, se valutati e utilizzati con la massima attenzione e prudenza, nel prossimo futuro sicuramente non mancheranno.

Anche se forse non necessariamente nel settore delle mosche.

In fondo si tratta di leggere il meteo con attenzione e di vestirsi di conseguenza prima di uscire.

 

Foto di Camera-Man su Pixabay

 

Interviene la CONSOB sulla trasparenza dei costi che il sistema non applica.

Questa volta si è addirittura mossa la massima autorità di controllo dei veicoli di investimento operante in Italia. E lo ha fatto addirittura con un richiamo ufficiale al mondo degli intermediari e del risparmio gestito.

Questo perché, nonostante abbia avuto tutto il tempo necessario per organizzarsi, non applica ancora la normativa inerente la trasparenza dei costi entrata finalmente in vigore dal 01 gennaio 2019. Appare evidente che l’inosservanza delle legge stessa è fonte di possibile danno per gli investitori proprio a causa delle notizie che continuano a non essere loro fornite.

Abbiamo già parlato più volte del tema dei costi, ma ci sembra interessante far notare che una normativa di tale importanza venga palesemente disattesa fino a giustificare un richiamo di tale entità.

Il problema reale e oggetto del contendere risiede nella necessità di esplicitare chiaramente e per scritto ai clienti tutti i costi che devono sostenere per investire i loro risparmi. Finora la trasparenza era decisamente bassa e in particolare non vi era l’obbligo di rendicontare annualmente, in modo estremamente dettagliato, tutti gli oneri pagati. In questa situazione i risparmiatori non avevano di fatto modo di avere percezione diretta di quanto “il servizio” fosse pesantemente gravato e quindi inefficiente.

Una conto è sapere che per un certo prodotto si paga (ammesso e non concesso di aver letto la documentazione contrattuale…) una certa percentuale X%. Molto più esplicito e pesante è leggere nero su bianco che il costo è stato magari di 4.000 euro! E non stiamo certamente parlando di grandi portafogli.

Contro l’applicazione della normativa emanata a livello europeo dall’ESMA e di conseguenza adottata da tutti i singoli Paesi Ue, è in atto un tentativo di ritardare (nuovamente!) l’applicazione della stessa e probabilmente anche di metterla almeno in parte in discussione.

Correttamente la CONSOB è intervenuta con un richiamo ufficiale ricordando che la normativa c’è e deve comunque essere applicata a prescindere. Vedremo quali saranno gli sviluppi e dei quali vi aggiorneremo.

 

Costi: i nodi vengono al pettine. Due interessanti articoli.

Quante volte abbiamo scritto dei costi eccessivi, sostenuti da parte degli investitori. Mancava però una precisa percezione da parte loro o almeno una reazione all’apatia che questo tema sembrava evidenziare. Percezione che, probabilmente, arriverà grazie alla trasparenza della nuova normativa di cui abbiamo recentemente scritto su questa pagina a cui speriamo segua una reale presa di coscienza.

Comunque i cambiamenti non possono essere fermati e inevitabilmente comporteranno un approccio diverso da parte delle varie reti e banche verso la politica di remunerazione. Sicuramente le Autorità vigilano su questo tema in particolare l’ESMA e la loro attenzione è (e rimarrà) elevata.

Vi consigliamo quindi la lettura di due articoli che sono stati pubblicati oggi sulle pagine de Il Sole 24 Ore a firma di Massimiliano Cellino e di Marco Lo Conte che approfondiscono questo tema precisando che il problema riguarda esclusivamente il mondo dei consulenti abilitati all’offerta fuori sede (ex promotori finanziari) e non i consulenti finanziario autonomi (ex indipendenti) che non sono remunerati sui costi pagati dagli investitori.

 

 

A volte – purtroppo – ritornano. Il caso della direttrice delle Poste.

Il pericolo di truffa. Proprio dove il risparmiatore non se lo aspetterebbe.

Purtroppo non esiste rimedio definitivo. Quando una persona con incarichi di responsabilità, nel mondo bancario, assicurativo o postale decidere di delinquere ha inevitabilmente lo spazio per farlo nonostante i controlli siano sempre più stringenti ed efficienti.

La “madre di tutti i problemi” consiste nel fatto che questi operatori possono operare direttamente sia con il denaro dei loro clienti (a seconda dell’attività con limiti e modalità diversi), sia anche attraverso modulistica che si può facilmente manomettere o compilare in modo scorretto per un uso truffaldino.

Diventa quindi possibile sottrarre direttamente attivi dai depositi dei clienti, ma anche dirottare il frutto di una normale operazione di disinvestimento verso conti correnti non di loro titolarità.

L’unica vera difesa consiste nei controlli da porre in atto proprio dai clienti su qualsiasi operazione venga intrapresa.

Controlli innanzitutto sulla modulistica che DEVE essere compilata in ogni sua parte PRIMA del momento della firma del cliente, ma anche controlli ex post per verificare che l’operazione richiesta abbia immediato e ufficiale riscontro di corretta e completa conclusione.

Se solo si attuassero queste semplici attenzioni (che nulla tolgono ai professionisti onesti, ma che anzi li valorizzano) lo spazio di manovra dei truffatori si ridurrebbe davvero a livelli minimali.

Purtroppo eccesso di fiducia e mancanza di verifiche portano a molti pesantissimi casi di sottrazione.

Crediamo in ultimo opportuno ricordare che secondo la normativa attuale, ai consulenti finanziari indipendenti (o autonomi) è esplicitamente proibita QUALSIASI operazione sugli attivi dei propri assistiti. Essi possono esclusivamente emettere documenti denominati raccomandazioni che sono indicazioni operative, che potranno (e non necessariamente dovranno) essere messe in opera dai loro clienti presso gli intermediari ai quali si affidano.

La differenza crediamo non sia da poco.

Fonte ADN Kronos