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Al risparmiatore non fare sapere… (soprattutto i costi). Meno ti conosce e meno ti può mettere in discussione.

La gestione della propria conoscenza rispetto a quella altrui è – da sempre – il mezzo probabilmente più potente per perseguire i propri interessi e mantenere il potere assoluto.

Questo è valso e vale per qualsiasi dittatura, nelle guerre, nei rapporti commerciali.

Le asimmetrie conoscitive rendono debolissimo un soggetto rispetto ad un altro e quindi automaticamente facilmente controllabile da chi detiene il potere della (maggiore) conoscenza.

L’aspetto più grave di queste considerazioni è che chi si trova in situazione di deficit cognitivo, quasi sempre non ne è conscio.

O peggio, per paura, non affronta il problema.

Recentemente in un interessantissimo articolo del bravo giornalista Vito Lops de Il sole 24, si legge che “… una ricerca di Standard and Poor’s e Banca Mondiale pone l’Italia al 63esimo posto nel mondo”. Scritto in questi termini magari non colpisce molto il lettore.

Ma se proseguiamo nella lettura scopriamo che nella specifica classifica, l’Italia viene DOPO Zimbabwe e Togo. A quel punto la tragicità del problema diventa più evidente.

Eppure… Proprio da parte degli investitori che dovrebbero essere consci di quanto per loro sia fondamentale avere un minimo di preparazione, la ricerca di informazioni è praticamente nulla.

Permane – nei fatti – la politica dello struzzo con gli evidenti rischi che, inevitabilmente, quella posizione comporta.

Ma questi argomenti perché dovrebbero interessare i nostri lettori?

Per il fatto che esiste un industria che invece certi meccanismi li conosce perfettamente e li sfrutta con comportamenti decisamente efficaci rispetto ai propri obbiettivi di cui vi proponiamo un chiaro esempio.

Semplificando molto, l’evoluzione della normativa europea MIFID a protezione degli investitori europei rende OBBLIGATORIO che il risparmiatore sia edotto sui costi che paga per il servizio di investimento.

A questo punto ci si potrebbe chiedere se questo avviene, quale sia la differenza rispetto al passato e se ci possa essere un problema.

La risposta è assolutamente sì, il problema esiste ed è anche importante. Infatti per l’investitore una cosa è andarsi a leggere PRIMA della sottoscrizione del contratto che quel fondo costa l’1,5% di acquisto e magari il 2,5% di gestione annuo (alzi la mano chi mai l’ha fatto!). Altra cosa è invece ricevere un documento in cui è scritto sostanzialmente e a chiare lettere: “Caro investitore quest’anno hai pagato 1.500 euro di costo di sottoscrizione più altri 2.500 euro di costo di gestione. Totale 4.000 euro. Cordiali saluti”.

L’impatto ovviamente sarà tanto più scioccante quanto realistico nella percezione della realtà.

La reazione dell’industria a questi nuovi obblighi normativi è quella – davvero incredibile – che potrete leggere nei link allegati.

Vi invitiamo quindi caldamente ad approfondire questi articoli.

Fonti: Il Sole 24 Ore, Bluerating, Citywire

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Interviene la CONSOB sulla trasparenza dei costi che il sistema non applica.

Questa volta si è addirittura mossa la massima autorità di controllo dei veicoli di investimento operante in Italia. E lo ha fatto addirittura con un richiamo ufficiale al mondo degli intermediari e del risparmio gestito.

Questo perché, nonostante abbia avuto tutto il tempo necessario per organizzarsi, non applica ancora la normativa inerente la trasparenza dei costi entrata finalmente in vigore dal 01 gennaio 2019. Appare evidente che l’inosservanza delle legge stessa è fonte di possibile danno per gli investitori proprio a causa delle notizie che continuano a non essere loro fornite.

Abbiamo già parlato più volte del tema dei costi, ma ci sembra interessante far notare che una normativa di tale importanza venga palesemente disattesa fino a giustificare un richiamo di tale entità.

Il problema reale e oggetto del contendere risiede nella necessità di esplicitare chiaramente e per scritto ai clienti tutti i costi che devono sostenere per investire i loro risparmi. Finora la trasparenza era decisamente bassa e in particolare non vi era l’obbligo di rendicontare annualmente, in modo estremamente dettagliato, tutti gli oneri pagati. In questa situazione i risparmiatori non avevano di fatto modo di avere percezione diretta di quanto “il servizio” fosse pesantemente gravato e quindi inefficiente.

Una conto è sapere che per un certo prodotto si paga (ammesso e non concesso di aver letto la documentazione contrattuale…) una certa percentuale X%. Molto più esplicito e pesante è leggere nero su bianco che il costo è stato magari di 4.000 euro! E non stiamo certamente parlando di grandi portafogli.

Contro l’applicazione della normativa emanata a livello europeo dall’ESMA e di conseguenza adottata da tutti i singoli Paesi Ue, è in atto un tentativo di ritardare (nuovamente!) l’applicazione della stessa e probabilmente anche di metterla almeno in parte in discussione.

Correttamente la CONSOB è intervenuta con un richiamo ufficiale ricordando che la normativa c’è e deve comunque essere applicata a prescindere. Vedremo quali saranno gli sviluppi e dei quali vi aggiorneremo.

 

Il costo dei fondi comuni in Italia. Il nuovo studio realizzato dalla CONSOB

L’Autorità di Vigilanza italiana la CONSOB ha recentemente pubblicato un nuovo documento nel quale si analizzano i costi dei fondi comuni in Italia.

Dalla lettura di questo interessante lavoro traspare chiaramente che il sistema è gravato da pesanti oneri, sia di sottoscrizione che di gestione.

L’aspetto più diretto e probabilmente rilevante è il fatto che ci possano essere dei prodotti con costi di gestione talmente onerosi da essere superiori agli utili, che di conseguenza generano rendimenti negativi per i sottoscrittori.

Questo aspetto si innesta anche sul tema (qui non trattato) che molti gestori, pur facendosi pagare laute commissioni e dichiarandosi attivi non riescono a fare meglio del loro mercato di riferimento.

Il tema dei costi quindi andrebbe affrontato dai risparmiatori con la stessa attenzione con la quale analizzano le caratteristiche di un’automobile prima dell’acquisto.

La trasparenza dei dati è ormai garantita a livello accettabile; ciò che quasi sempre manca è la voglia di informarsi per tempo.

Fonte: CONSOB