Due diversi approcci per investire il proprio portafoglio.

Pic (piano di investimento di capitale) e Pac (piano di accumulo di capitale).

Una volta compreso il loro funzionamento elementare proveremo a chiederci se questi possono essere affiancati, quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi e infine se possono essere utilizzati con un uso un poco più evoluto e flessibile di quello base.

Piano di investimento di capitale

È la soluzione adottata quando si dispone già di un patrimonio. Dopo le opportune verifiche iniziali in merito a esigenze, profilo di rischio, situazione attuale, si procede ad allocare l’intero patrimonio per soddisfare le priorità in relazione a quanto il ciclo dell’economia e i mercati permettono di fare in quel dato momento. L’obbiettivo è, solitamente, la crescita degli attivi nel tempo accompagnata da una seria strategia di contenimento della volatilità in relazione al profilo di rischio dell’investitore. L’orizzonte temporale può essere estremamente variabile. É la strategia classica nel caso di patrimonio già esistente. Ma i tempi sono cambiati e si rende opportuno valutare – non necessariamente adottare – anche approcci diversi.

Piano di accumulo di capitale

È la soluzione adottata quando non si dispone di un capitale iniziale e lo si deve generare. Consiste nell’investire con regolarità cifre più o meno importanti in relazione alla propria capacità reddituale scegliendo tra diversi prodotti che l’industria finanziaria mette a disposizione. L’obbiettivo in questo caso è l’accumulo nel tempo di quote che si rivaluteranno negli anni e potranno quindi maturare un patrimonio anche importante in relazione alla durata, a quanto versato, all’efficienza dei prodotti utilizzati e, ultimo ma non ultimo, ai costi (più contenuti possibile) sostenuti.

È anche utilizzata quando, oltre al capitale iniziale, si dispone di una capacità di risparmio relativamente regolare con una finalità leggermente diversa: allocare la parte più volatile dei propri attivi con l’obbiettivo di ridurne le oscillazioni iniziali. L’orizzonte temporale è tendenzialmente di medio / lungo periodo e, se si è nella condizione di poterla accettare inizialmente, una maggiore volatilità può diventare una caratteristica positiva. Infatti, si possono realizzare una serie di acquisti a prezzi variabili e quando questi attraversano normali fasi di discesa, si avrà la possibilità di acquisire più unità essendo diminuito il prezzo. Nel tempo questo diventa un evidente vantaggio.

È possibile e potenzialmente produttivo adottare le due strategie senza avere capacità di risparmio? Ci si potrebbe chiedere a questo punto se disponendo solo di un capitale iniziale e non avendo capacità di accumulo regolare, possa essere proficuo utilizzare una parte del capitale stesso non investendolo direttamente per dirottarlo su di una serie di acquisti periodici al fine di investire su attivi più volatili oppure ridurre la volatilità totale. La risposta è in funzione di diverse considerazioni e proviamo ad analizzarne alcune.

La fase di mercato

Mercato con un trend ascendente: in questo caso sarebbe una strategia sicuramente perdente. Primo perché la disponibilità per alimentare il flusso di acquisti regolare dovrebbe per logica essere sotto-investita (per evitare il rischio di doverla disinvestire in flessione), secondo perché ci sarebbe la certezza di acquistare a prezzi costantemente più cari. Non bisogna poi dimenticare che più operazioni di acquisto si realizzano a parità di importo totale investito, più elevati saranno i costi.

Mercato con un trend orizzontale: in questo caso la situazione può cambiare in quanto la certezza di acquistare a prezzi costantemente più cari svanisce. Non potendo gestire in modo ragionevole il timing perché fortunatamente nessuno prevede il futuro, otterremo dunque la possibilità di acquistare anche (ma non solo o necessariamente) a prezzi un po’ più bassi. E questo sarebbe un beneficio certo.

Mercato con un trend discendente: in questo caso si avrebbe il maggiore vantaggio per i motivi esattamente opposti a quelli del primo caso. Una parte del portafoglio sarebbe non investita (e quindi non soggetta alla volatilità) e inoltre gli acquisti successivi potrebbero accumularsi a prezzi anche sensibilmente inferiori fino alla successiva inversione del ciclo.

La strategia di entrata

La strategia di impostare un piano di investimento globale che comprenda anche una serie di acquisti successivi da impostare e realizzare con le opportune modalità e proporzioni, può diventare una strategia di contenimento della volatilità o di aumento del premio a tempo debito.

Un tempo finito

I tempi dei BTP con cedole al 5% sono – almeno si spera – finiti per sempre e la volatilità sarà sempre più una invadente compagna di viaggio da qui in avanti. Ma la sua presenza potrebbe diventare anche un’opportunità se si agisce con coerenza.

Le accortezze da adottare

Quali a questo punto dovrebbero essere le accortezze per ottimizzare gli acquisti periodici su di una parte di portafoglio?

  1. Ricercare la massima diversificazione. Solitamente i piani di accumulo vengono proposti su uno o più prodotti più o meno diversificati con pesanti vincoli economico-commerciali. L’acquisto con questa soluzione viene effettuato in modo assolutamente casuale sempre allo stesso giorno del mese e infine l’unica possibilità di intervento è quella di conferire ad una ricorrenza l’equivalente di più mensilità anticipate.
  2. Libertà di scelta assoluta. Quasi sempre viene totalmente demandata al gestore del singolo fondo la scelta degli attivi sui cui investire. Ciò può essere corretto ma anche troppo vincolante. Opzione assai diversa ed estremamente più interessante è quella di organizzare un piano nel quale ogni mese sia possibile scegliere su quale prodotto, mercato, gestore ecc. sia più interessante investire. Senza vicoli di tipo commerciale e con la massima flessibilità.
  3. Abbattimento drastico dei costi. Ipotizziamo due nonni che voglio accantonare 500 € al mese per i propri nipoti acquistando quote di un etf per abbattere drasticamente i costi di acquisizione e gestione del prodotto. Ci sono casi nei quali l’operazione di acquisto viene gravata di ben 19 € di costi fissi di negoziazione che corrispondono al 3,8%. Percentuale che diventerà il 3.95 % da recuperare prima di poter iniziare a guadagnare sui 500 € inizialmente conferiti. Se poi consideriamo che il prodotto acquistato prima o poi andrà anche venduto per monetizzare il guadagno, ecco che il costo diventa il 7,6% dell’importo iniziale. Una follia inaccettabile! Analogamente per i costi di gestione, se si paga il 2,5 % di costo di gestione per non ottenere neanche il risultato del mercato (caso assai frequente) significa che si sta sprecando almeno l’1,5% in costi non fruttiferi e quindi ingiustificati. È quindi chiaro che l’attenzione ai costi (sia di acquisto che di gestione) deve essere ai massimi livelli pena il sostanziale annullamento di questa strategia.
  4. Evitare vincoli commerciali. Questo approccio per dare il massimo contributo non può essere demandato all’acquisto periodico, e casuale, solo e sempre di alcuni fondi (1, 2, 3, x?), ma deve essere ottimizzato a ogni ricorrenza. Ne consegue che ogni volta che si rende disponibile la cifra preventivata, in quel momento e solo in quel momento, si deve valutare su quali classi di attivi investire. Tempi, frequenza, importi, durata, mercati non potranno che essere totalmente personalizzati sul profilo di rischio, sulle esigenze da soddisfare e sugli orizzonti temporali del singolo investitore.

Ovviamente questa impostazione comporta una mole di lavoro notevole per il vostro interlocutore che deve, a ogni ricorrenza, analizzare l’andamento di ogni singolo prodotto presente nel relativo sottoportafoglio, le condizioni dei mercati e quindi raccomandare su quali prodotti indirizzare gli acquisti. Questa attività si deve svolgere per ogni cliente che sfrutta questa opzione e, quasi sempre, con cadenza mensile. Ma questa scelta pone le basi per la generazione di un risultato sicuramente ottimizzato. Per il cliente che apprezzerà impegno e risultati economici quanto per il professionista che renderà tangibile la differenza del suo operato rispetto ad altri operatori del mercato.

Conclusioni.

Il vantaggio insito in questa strategia si affievolisce ovviamente con patrimoni molto importanti almeno in termini di “meccanizzazione” del procedimento. Tuttavia, non viene intaccato nella sostanza cioè l’utilizzo ragionato della liquidità per ridurre la volatilità sulle classi di attivi più sensibili a questo aspetto.

Il Pic e il Pac sono nati ovviamente per soddisfare esigenze assai diverse, nel primo caso l’investimento di un capitale già esistente, nel secondo per la creazione di un capitale. Ma con il cambiamento di un tempo che ormai non esiste più, potrebbero essere soluzioni che possono ragionevolmente convivere nella gestione di un patrimonio al fine di contenere le oscillazioni totali o di entrare sui mercati più volatili con discreto controllo del rischio.

Tutto sommato, due buoni compagni di viaggio.

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